In apertura abbiamo accennato all’influenza francese sulla città. La forte eredità culturale è presente anche nella toponomastica. Non a caso, Jemaa el Fna, cuore nevralgico di Marrakech, è conosciuta pure come la “Place”. Non una piazza qualsiasi, ma la più frequentata dell’intera Africa (dal 2001 Patrimonio dell’Umanità UNESCO) con migliaia di persone che l’attraversano a tutte le ore del giorno e della notte. Un mix di artisti di strada, chiromanti, scrivani, erboristi, ammaestratori di scimmie e di iguana che si guadagnano da vivere su quest’enorme “piazza-palcoscenico”. Un luogo che restituisce anche la complessità del continente contro tutte le letture stereotipate dell’Africa. Prendiamo ad esempio i musicisti e danzatori “gnaoua” che dal crepuscolo in poi allietano la piazza con musica, balli e canti. Storicamente provengono dal Ghana, dal Sudan, dal Mali, dalla Nuova Guinea e, nel corso dei secoli (la loro venuta in Marocco risalirebbe al XVII secolo), hanno conservato usi e costumi dei paesi di provenienza ibridandoli, però, con le influenze berbere, arabo-andaluse e islamiche. Un miscuglio su cui, come non bastasse, si è innestata nel corso del ‘900 la cultura francese. Insomma, una storia complessa che certo non può esser colta in tutte le sue sfumature in una volta sola: perciò a Jemaa el Fna occorre tornare più volte, tenendo anche conto della corsa del sole. A seconda dell’ora, infatti, cambiano le atmosfere della piazza fino ai tramonti infuocati che vale assolutamente la pena immortalare.