Pozzuoli

Foto di Graeme Churchard
Pozzuoli

11 cose da fare e vedere a Pozzuoli e 1 da non fare

Dal Tempio di Serapide (vd. copertina) al Rione Terra passando per l’Anfiteatro Flavio e la Solfatara senza dimenticare, ovviamente, i tesori storici dei Campi Flegrei, di cose da fare e vedere a Pozzuoli ce ne sono eccome. Certo, i fasti di epoca romana, quando Puteoli era lo scalo marittimo più importante dell’Impero, sono lontani, epperò la città che ha dato i natali alla grande Sophia Loren è rimasta strategica sia per i collegamenti con le isole di Ischia e Procida che come base di partenza per andare alla scoperta di Baia, Cuma e il tanto che c’è da vedere nei dintorni. Per gli orari dei traghetti con le isole:

Di seguito scopriamo insieme le principali attrazioni di Pozzuoli. Buona lettura.  

1 Tempio di Serapide

Foto di Ferdinando Marfella
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A pochi passi dalla Cumana (servizio ferroviario che collega Napoli ai comuni dell’area flegrea) e dal porto, il Tempio di Serapide è senza dubbio il simbolo di Pozzuoli. Due le ragioni che ne spiegano la popolarità: in primis, perché testimonia il prestigio di Puteoli in epoca romana; in secondo luogo, perché ha rappresentato un eccezionale strumento di misurazione del bradisismo, fenomeno geologico consistente in un periodico abbassamento e innalzamento del livello del suolo. Approfondiamo un po’ meglio i due aspetti. Il Tempio di Serapide venne scoperto attorno alla metà del XVIII secolo su impulso di Re Carlo di Borbone che ordinò lo scavo di un’area adibita a vigneto da cui fuoriuscivano tre colonne di marmo. Le attività di scavo portarono alla luce una statua raffigurante il dio egizio Serapide; da qui l’idea iniziale che si trattasse di un luogo di culto – un tempio appunto -, da cui anche il nome dato all’area. Solo in secondo momento si è appurato, invece, che si trattava di un Macellum, una struttura romana adibita a mercato pubblico con botteghe (in latino, tabernae) aperte sia verso l’esterno che verso l’interno e distribuite su due livelli. Detto brevemente dell’interesse storico (a tal proposito, segnaliamo che la statua di Serapide è custodita nel Museo Archeologico di Napoli) c’è da considerare l’aspetto naturalistico: Pozzuoli e i Campi Flegrei, infatti, sono una delle aree geologicamente più instabili al mondo, costantemente monitorate dall’INGV per predire eventuali eruzioni e/o terremoti. Il bradisismo testimonia appunto l’ininterrotta attività vulcanica, anche se non sono del tutto chiare le ragioni per cui l’acqua sommerga parzialmente il Tempio di Serapide né, al contrario, perché all’immersione marina facciano seguito fasi più lente di innalzamento del suolo. Come sia, anche solo vedere dall’esterno il Tempio di Serapide restituisce forte l’idea di trovarsi al cospetto di uno dei monumenti più importanti del mondo antico.

2 Rione Terra

Foto di FAM1885
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Rione Terra è il primo nucleo abitativo di Pozzuoli. Sorge su uno sperone di roccia tufacea a poco più di 30 metri sul livello del mare e ha conosciuto il suo periodo di massimo splendore nel II secolo d.C., quando il porto di Puteoli era il più grande dell’Impero romano, terminal per l’importazione del grano prodotto in Egitto. In realtà, le origini dell’abitato risalgono all’epoca greca, il che la dice lunga sulla storia plurimillenaria della città flegrea. Prova maestra della storicità dei luoghi e della loro inevitabile stratificazione urbanistica, fu il rinvenimento, nel 1964, dell’antico Tempio di Augusto. Il luogo di culto di epoca romana era stato nel frattempo inglobato nel Duomo cittadino intitolato a San Procolo (vd. foto), e fu solo un incendio della chiesa a renderne possibile il ritrovamento. Rione Terra, che si estende su due chilometri quadrati, ha attraversato diverse fasi complicate, soprattutto a causa del già citato fenomeno del bradisismo. Nel 1970, per esempio, uno sciame sismico suggerì alle autorità locali di sgomberare l’abitato. Ancora, dieci anni dopo, il terremoto con epicentro in Irpinia arrecò altri danni al quartiere. La rinascita del Rione Terra è cominciata proprio dopo il sisma del 1980. Una paziente campagna di scavi, assieme al recupero delle innumerevoli tracce archeologiche sopravvissute nei millenni ha consentito la riapertura al pubblico dell’area nel 2014. L’ingresso è in una traversa di via Marconi, a poche centinaia di metri dal porto.

3 Anfiteatro Flavio

Foto di Miguel Hermoso Cuesta
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A pochi minuti di cammino dalla metropolitana (Linea 2 fermata Pozzuoli – Solfatara) l’Anfiteatro Flavio è tappa imperdibile di una visita a Pozzuoli. Come già detto per il Tempio di Serapide, anche qui risulta subito evidente l’importanza storico-archeologica del sito, secondo per dimensioni soltanto al Colosseo di Roma e all’Anfiteatro capuano (o campano) di Santa Maria Capua Vetere. Gli scavi cominciarono nel 1849 e terminarono sul finire del secolo XIX anche se l’area venne definitivamente liberata dai detriti solo nel secondo dopoguerra, per la precisione nel 1947. La struttura, risalente al I secolo d.C., è un’ulteriore prova dell’importanza assunta da Puteoli in epoca flavia. Un’area per spettacoli gladiatorii i cui ambienti, specie i sotterranei da cui le fiere venivano poi condotti nell’arena, sono giunti fino a noi in ottime condizioni. Non è finita, perché l’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli è associato al culto di San Gennaro. Secondo leggenda, infatti, San Gennaro avrebbe dovuto essere sbranato dalle belve dell’Anfiteatro insieme ai martiri Festo, Desiderio e Sossio. Senonché, dopo una benedizione elargita proprio dal patrono di Napoli, gli animali si inginocchiarono al cospetto dei santi la cui esecuzione fu spostata nei pressi della Solfatara. In ricordo della presenza del santo, nel 1689 venne costruita una chiesetta, andata poi distrutta durante gli scavi dell’Ottocento e successivamente sostituita da una cappella tuttora visibile. L’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli si trova in Via Terracciano 75, ed è generalmente visitabile dal lunedì al sabato dalle 10.00 alle ore 15.00.

4 Lungomare Sandro Pertini

Foto di Patrick Nouhailler

Oltre a luoghi ricchi di storia, Pozzuoli ha un’altra freccia al suo arco: il lungomare. Intitolato al Presidente della Repubblica Sandro Pertini, il litorale della città flegrea non è solo il posto giusto per fare lunghe passeggiate e, perché no, un bagno a mare durante la bella stagione; è anche il luogo perfetto per fare sport all’aperto (c’è un bellissimo campo da basket) e per la movida. Lungo Via Napoli (l’altro nome con cui è conosciuto), infatti, si susseguono pub, pizzerie, locali notturni e ristoranti. Questi ultimi, in particolare, possono contare sul pesce fresco proveniente dal mercato ittico della città. Insomma, materie prime di altissimo livello che spiegano la grande notorietà della gastronomia flegrea. Da vedere!

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5 Parco Avellino

Foto di Fiore Silvestro Barbato
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Le tracce archeologiche a Pozzuoli sono numerosissime ed è molto probabile che se fossero consentiti nuovi scavi salterebbero fuori altri reperti. Per esempio, è opinione diffusa che attorno al Parco Avellino, a metà strada tra il centro storico di Pozzuoli e la città residenziale, siano molti i resti di età romana che ancora non hanno visto la luce. Per ora tocca accontentarsi – si fa per dire – di quelli fin qui descritti e di quelli presenti all’interno di questo polmone verde in area urbana. Parliamo di due cisterne per la raccolta e lo smistamento delle acque e di un mascherone di età flavia (vedi foto) che, seppur rinvenuto altrove, è stato spostato all’interno di questo parco che solo dagli anni ’80 del secolo scorso è proprietà del comune di Pozzuoli. Da vedere!

6 Santuario di San Gennaro alla Solfatara

Foto di Baku
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In attesa che la Solfatara sia di nuovo visitabile (è chiusa dal 2017 a seguito di un tragico incidente) ci si deve “accontentare” della visita al vicino Santuario di San Gennaro (distante ca. 1 km). La storia l’abbiamo raccontata già: il santo beneventano, patrono di Napoli, avrebbe dovuto essere giustiziato nell’Anfiteatro Flavio ma le bestie “incaricate” di smembrarne il corpo improvvisamente ammansirono, costringendo il comandante romano Dragonzio, che aveva disposto l’uccisione del santo, a spostarsi alla Solfatara dove San Gennaro venne infine decapitato insieme ai martiri Festo e Desiderio. Nell’VIII secolo sul luogo dell’omicidio sorse una piccola chiesa paleocristiana, ristrutturata e ingrandita tra il 1574 e il 1580. Tuttavia, un incendio divampato nel 1860 impose una nuova ristrutturazione della chiesa portata a temine subito dopo l’ondata di peste del 1866, con ulteriore abbellimento nel 1926. Ultima tappa nel 1945 con l’elevazione del santuario a parrocchia, quale riconoscimento della popolarità del sito, meta di pellegrinaggio tutto l’anno con fedeli provenienti da ogni dove. Oggetto di culto, in particolare, è una pietra custodita in una cappella di destra della chiesa dove, secondo leggenda, San Gennario venne decapitato lasciando due macchie di sangue tuttora ben visibili sulla superficie. Nei giorni del cosidetto miracolo di San Gennaro (la liquefazione del sangue custodito nelle ampolle al Duomo di Napoli) anche le macchie di sangue presenti sulla pietra porosa parteciperebbero al prodigio assumendo un colore rosso più intenso del solito. Questioni di fede in grado di muovere migliaia di persone con tutte le ricadute turistiche che ne derivano. Da vedere!

7 Oasi di Monte Nuovo

Foto di Graeme Churchard
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Parlando del Tempio di Serapide abbiamo accennato all’instabilità sismica e vulcanica dei Campi Flegrei. Una prova dei prodigi di questo vulcano, ritenuto perfino più pericoloso del Vesuvio, è il Monte Nuovo, nella frazione di Arco Felice, tra il lago Lucrino e il lago d’Averno. Si tratta di una collina di appena 140 metri sul livello del mare, coperta da una rigogliosa macchia mediterranea (pini, lecci, corbezzoli, ginestra, mirto eccetera) e con una prodigiosa vista che abbraccia tutto il Golfo di Pozzuoli. Aspetti che spiegano il riconoscimento di “oasi naturalistica” attivo dal 1996 e che tuttavia non rappresentano il motivo di maggior interesse dell’area. La particolarità del Monte Nuovo, infatti, sta nella sua genesi. Si tratta dell’edificio montuoso più giovane d’Europa, formatosi in poco più di una settinana, tra il 29 settembre e il 6 ottobre 1538, a seguito di una violenta eruzione. Oltre a formare il Monte Nuovo, l’eruzione distrusse un piccolo villaggio, Tripergole, celebre per i benefici effluvii delle sue acque termali. Oggi, quella del Monte Nuovo, è una piacevole escursione adatta anche ai bambini. I percorsi portano i visitatori alla scoperta dei due coni vulcanici che disegnano la collina con la possibilità di scattare stupende fotografie alla vegetazione e ai panorami tutt’attorno.

8 Lago D’Averno

Foto di silvio sicignano

La violenta eruzione del 1538 che distrusse il villaggio di Tripergole (vedi paragrafo precedente) risparmiò invece Portus Julius, il porto artificiale realizzato nel I secolo d. C. dall’architetto romano Marco Vipsanio Agrippa. Un’opera ingegneristica di altissimo livello, con funzioni eminentemente militari, ottenuta collegando i due laghi dell’area flegrea, il lago D’Averno e il lago Lucrino, al Golfo di Pozzuoli. Purtroppo il già richiamato fenomeno del bradisimo ci ha privato della possibilità di visitare le grotte scavate dai romani per favorire l’ingresso del mare nei due laghi di origine vulcanica. Restano però i racconti mitici, come quelli di Virgilio e di Dante Alighieri che, rispettivamente nell’Eneide e nella Divina Commedia, individuarono nel Lago D’Averno la porta d’accesso per l’oltretomba. Una fama sinistra dovuta alle esalazioni gassose della zona che anticamente impregnavano l’aria allontanando gli uccelli migratori (il toponimo Averno deriva dal greco άορνος che significa, appunto, “senza uccelli”), oggi invece presenti in gran quantità. E infatti è il birdwatching una delle attività più praticate in questo luogo che, abbiamo visto, all’aspetto naturalistico abbina una storia secolare, il cui racconto funziona anche da richiamo turistico. Negli ultimi anni sull’onda di questa riscoperta del Lago D’Averno si sono moltiplicate le visite guidate, fermo restando la possibilità di raggiungere la località in piena autonomia per una passeggiata, un po’ di jogging e, perché no, un piacevole pic-nic in riva al lago. Da vedere!

9 I dintorni di Pozzuoli

Foto di Francesca xiaomei 3012
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I dintorni di Pozzuoli regalano meraviglie di assoluto livello: dal Parco Archeologico delle Terme di Baia, al Parco Archeologico Sommerso di Baia, passando per il Museo Archeologico dei Campi Flegrei fino alla Grotta della SIbilla, i territori di Bacoli e Cuma custodiscono tesori d’inestimabile valore. Una finestra sul mondo antico che attrae migliaia di visitatori affascinati dalle innumerevoli vestigia classiche, perlopiù datate tra il I e il IV secolo. che raccontano come il litorale e l’entroterra flegreo fossero stati scelti dai patrizi romani come buen retiro o come base per gestire i propri traffici commerciali. Basti pensare che a Baia morì l’Imperatore Adriano, mentre Agrippina, la madre di Nerone, trovò la morte nei pressi della Marina di Bacoli, uccisa da sicari nel 59 d. C. proprio su ordine del figlio. Ma non è finita, perché sempre a Bacoli, sul lago Fusaro, c’è la bellissima Casina Reale (vd. foto), progettata dall’architetto Carlo Vanvitelli per il divertimento venatorio di Ferdinando IV di Borbone. Infine, guai a dimenticare il panorama: salire sulla cima di Capo Miseno è un’altra esperienza assolutamente da provare. La vista abbraccia sia il Golfo di Pozzuoli che il canale di Procida, arrivando fino a Ischia, la più grande delle isole dell’arcipelago flegreo.

10 Le isole flegree

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Ischia e Procida sono entrambe a poche miglia di navigazione da Pozzuoli. Per raggiungere la prima occorre un’ora di navigazione in traghetto; per Procida, invece, occorrono 40 minuti circa. Perciò, se dopo aver fatto il pieno di musei e reperti archeologici tra Pozzuoli, Baia, Bacoli e Cuma, desiderate visitare Ischia, Procida (vedi foto) e anche la piccola Vivara, la cosa è fattibilissima (per i collegamenti marittimi con le isole vedi intro).

11 La cucina puteolana

Foto di Graeme Churchard

Parlando del lungomare cittadino abbiamo accennato alla presenza di ristoranti perlopiù specializzati nella cucina a base di pesce. I Campi Flegrei (isole comprese), possono contare infatti su un mare generosissimo, con un’alternanza di fondali sabbiosi, rocciosi e secche in cui trovano riparo e cibo sia le specie che provengono dal Mediterraneo meridionale che quelle, invece, provenienti da nord (nella foto, pesce fresco sul porto di Pozzuoli). Il risultato è pesce fresco tutto l’anno e un rispetto della stagionalità delle materie prime maggiore che in altre località. Menzione particolare per l’allevamento delle cozze di Bacoli, non a caso ribattezzate l’oro nero dei Campi Flegrei. Ovviamente, non manca il vino. Pozzuoli e i Campi Flegrei vantano una secolare tradizione vitivinicola che resiste nonostante la superficie vitata sia molto diminuita rispetto al passato. Alcuni dei vigneti più belli, specializzati nella produzione di Falanghina (bianco) e Piedirosso (rosso) si trovano nei pressi del Lago D’Averno, di cui abbiamo parlato in precedenza. Un motivo in più per visitare un luogo in cui natura, cultura e storia entrano anche in cantina.

1 Occhio al traffico

Tolti i pericoli naturali dovuti all’instabilità sismica e vulcanica di Campi Flegrei, rischi rispetto ai quali non si può far altro che rimettersi agli studi e ai piani degli esperti, Pozzuoli non presenta particolari controindicazioni. L’unica cosa a cui bisogna fare un po’ d’attenzione da queste parti è il traffico: quello sul lungomare, e soprattutto quello in prossimità del porto, con la possibilità di restare imbottigliati tra le auto dirette all’imbarco alla volta delle isole. Scene che in futuro non dovrebbero più presentarsi – c’è un progetto comunale per la realizzazione di un’area di sosta – ma che nel frattempo creano non pochi disagi, specie durante il periodo estivo. Non c’è un modo vero e proprio di sottrarsi a quest’inconveniente se non, forse, quello di calcolare bene i tempi del viaggio in macchina, a maggior ragione se c’è da prendere un traghetto per le isole.

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