Le spiagge di Kos

Le spiagge di Kos

Finora ci siamo concentrati sull’archeologia e su specifiche località dell’isola. È venuto il momento di passare in rassegna le spiagge. Sono tante, una diversa dall’altra e, aspetto più importante di tutti, il mare è quasi ovunque di altissimo livello. Attorno Kos Town, capoluogo omonimo dell’isola, si trovano le spiagge di Lambì (ca. 4 km a N) e Psalidì (3 km a S). Sono entrambe molto popolari e caratterizzate dalla presenza di numerose strutture ricettive, oltre a bar, ristoranti, negozi ecc. A metà strada tra Psalidì e Embras Thermae (vd. punto 6) troviamo invece la spiaggia di Agios Fokas, relativamente meno affollata rispetto alle due precedenti. Proseguendo verso sud incontriamo Kardamena e Paradise Beach (vd. immagine di copertina all’inizio). Queste spiagge, e ovviamente tutto l’indotto che gira attorno, stanno a Kos un po’ come Rimini e Riccione alla Romagna. In altri termini, è il mix mare, divertimento e vita notturna a renderle famose anche se, va detto, la qualità dell’acqua è eccelsa. In verità tutto il tratto di costa di Kefalos presenta diverse spiagge di ottimo livello anche sotto il profilo dei servizi. Risalendo la costa settentrionale, invece, incontriamo Limnionas. Si tratta di una spiaggia diversa rispetto a quelle fin qui descritte. Poco affollata, placida, è l’ideale per trascorrere una giornata di solo mare e relax. Mare e relax garantiti anche a Mastichari, ex villaggio di pescatori famoso per l’ottimo livello della ristorazione. Dopo Mastichari è la volta di Marmari e Tigaki, entrambe al top quanto a baneabilità delle acque. Tigaki, in particolare, è assolutamente da non perdere. Lunga 10 km, è una spiaggia adatta davvero a tutti: alle famiglie con bambini; ai giovani; ai meno giovani; a chi preferisce i lidi attrezzati; a chi, invece, la spiaggia libera ecc. Marmari e Tigaki, inoltre, vantano un’ottima vista sia della costa turca che delle vicine isole di Kalymnos e Pserimos.

Kefalos

Kefalos

Dopo Pýli è la volta di Kefalos, paese che trae il suo nome dalla penisola che disegna il versante sud-occidentale di Kos. Il borgo, poco più di 1000 abitanti sulla baia di Kamari, è un luogo di villeggiatura votato esclusivamente al mare e alle escursioni che è possibile fare tutt’attorno. Chi desidera una vacanza più movimentata può far tappa a Kardamena, distante appena 8 chilometri (località frequentata soprattutto da inglesi), o in alternativa a Kos Town che di chilometri, però, ne dista 40. A Kefalos, invece, l’atmosfera è ancora quella genuina di un tempo, e il merito è anche di un’accorta politica urbanistica che, in parte, ha salvaguardato i luoghi dall’invasività dell’edilizia turistica. Dunque, poche strutture ricettive, pochi bar, pochi locali ma un mare cristallino, a detta dei più il migliore di tutta l’isola. Tra le diverse cose da vedere, menzione speciale per la Basilica di Agios Stefanos e il Monastero di Agios Ioánnis Pródromos. La prima è un’antica basilica paelocristiana e si trova sulla spiaggia della piana di Kambos, di fronte la piccola isola di Kastri dove, a sua volta, c’è una chiesina intitolata a San Nicola. Il monastero, invece, si trova in posizione abbastanza isolata (come conviene a un luogo di eremitaggio) a circa 7 chilometri da Kefalos. Sotto la spinta del turismo è diventato il classico luogo da gita fuori porta, ideale per un pic-nic con parenti e amici.

Pýli

Pýli

Chi vuol conoscere la parte meno turistica, e perciò più autentica, di Kos non può fare a meno di visitare Pýli. Il paese, poco più di 2000 abitanti, si trova nell’entroterra dell’isola e anticamente ne fu anche capoluogo. Il motivo è facilmente intuibile: la sua posizione riparata, lontana dai pericoli della costa, rendeva il borgo una meta ideale per vivere in tranquillità e, al limite, organizzare con più efficacia la difesa contro eventuali incursioni piratesche. Non a caso, i Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni provvidero a ristrutturare la vecchia fortezza bizantina, dotantosi di un altro avamposto difensivo oltre a quello di Kos città. Da vedere, inoltre, le rovine di Pýli Vecchia (Paléa Pýli), borgo medievale abitato fin quasi alla metà del XIX secolo e poi abbandonato a seguito di un’epidemia di colera. Case diroccate in pietra e una vista meravigliosa che spazia senza soluzione di continuità fin sulla costa turca. Sempre a Pýli, infine, c’è un altro reperto archeologico di grande interesse. Stiamo parlando della tomba di Charmylyos, antico re di Kos e progenitore della stirpe dell’isola. Si tratta di una tomba a cupola (tholos) di età ellenistica dove, oltre a venerare l’eroe leggendario, ci si ritrovava per pregare le 12 divinità dell’Olimpo. Insomma a Pýli abita il genius loci di Kos e perciò ne raccomandiamo caldamente la visita se, oltre al mare e alla movida, siete interessati ad approfondire storia e cultura del territorio.

Embros Thermae

Embros Thermae

A Kos, volendo, si può fare il bagno anche in inverno. Basta una giornata soleggiata (evenienza tutt’altro che remota) e un accappatoio per quando si esce dall’acqua. A circa 9 chilometri dal capoluogo, infatti, c’è il parco termale naturale di Embros. Basta leggere le recensioni che si trovano in rete per comprendere di che luogo meraviglioso si tratti. Una sorgente d’acqua calda termale fa il suo ingresso in mare dalla falesia alle spalle della spiaggia. Il mescolamento tra la vena d’acqua calda e il mare crea una temperatura adatta per la balneoterapia. Un autobus fa giornalmente la spola tra Kos Town ed Embros, luogo imperdibile di una vacanza a Kos. Unica precauzione: portare con sé ciabatte o scarpe adatte alla situazione, poiché man mano che ci si avvicina alla fonte la temperatura dell’acqua e delle rocce affioranti da calda diventa incandescente.

Asklepieion

Asklepieion

Asklepieion è Il principale sito archeologico di Kos. Tuttavia, al tempo di Ippocrate che, ricordiamo, sull’isola è nato e ha vissuto, non esisteva. C’erano sicuramente un piccolo tempio dedicato ad Apollo e un altare dedicato ad Asclepio stesso (che di Apollo era figlio), ma il santuario vero e proprio prese forma solo in seguito, grosso modo dal II secolo a. C. al II secolo d. C. Durante questo lungo arco temporale l’isola consolidò la sua posizione economica nell’Egeo e anche i precetti medici di Ippocrate, così come il culto di Asclepio (Esculapio, secondo i romani), trovarono un’eco sempre più vasta nel Mediterraneo. La maggiore popolarità dell’isola, di Ippocrate e del dio della medicina (Asclepio) suggerirono l’ampliamento del sito con la costruzione di porticati, templi, colonnati e altari su più livelli, collegati tra loro da scale. Alcune di queste strutture avevano funzione eminentemente religiosa; altre, invece, soprattutto clinica. Va detto che i due ambiti non erano poi facilmente disgiungibili, dal momento che le cure mediche seguivano le indicazioni fornite dai pazienti cui, a loro volta, però, era apparso Asclepio in sogno indicando la cura da seguire. In epoca medievale molta parte del materiale utilizzato per la costruzione del tempio venne impiegato per consolidare le fortezze in giro per l’isola. Soprattutto, per la fortezza dei Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni che domina il porto. Il risultato di questa spoliazione è che il percorso tra i resti del Tempio di Asklepieion è soprattutto immaginifico, influenzato dal fascino senza tempo emanato dal luogo. Fascino che ha suggerito l’inaugurazione di un Festival Ippocratico che da tanti anni ormai riempie il cartellone eventi estivo (da giugno ad agosto) dell’isola tra rappresentazioni teatrali, folclore, convegni sulla figura di Ippocrate, e più in generale sull’antichità di Kos. Da non perdere!

Platáni

Platáni

Il villaggio di Platáni si trova a circa 3 chilometri da Kos. Qui vive una piccola enclave turco-musulmana con tanto di moschea e cimitero a sé stanti. Va detto che prima del 1974, anno in cui esplose la questione cipriota, i residenti erano molti di più rispetto ad oggi. L’invasione di Cipro da parte dell’esercito turco provocò dure reazioni nella giunta militare al potere in Grecia in quegli anni. Tra queste il divieto dell’insegnamento della lingua turca nelle scuole, una misura discriminatoria che suggerì alla maggior parte degli abitanti di Platáni di emigrare altrove. A Platáni un tempo viveva anche una piccola comunità ebraica. L’occupazione nazista dell’isola nel 1943 ne decretò la tragica estinzione. Anche qui, a memoria della permanenza ebraica resta un cimitero (non aperto al pubblico). Insomma il villaggio di Platáni ha più volte incrociato la storia con la “S” maiuscola derivando da qui gran parte del suo fascino. L’altra parte, invece, è legata al cibo tradizionale turco proposto dalle diverse locande presenti in zona. Da vedere!

Odeon

Odeon

Se la scoperta di molti resti antichi di Kos fu indirettamente favorita dal terremoto del 1933 quella del Teatro Romano, invece, risale a qualche anno prima (1929) ed è merito dell’archeologo italiano Luciano Lorenzi. Approssimativamente costruito nel I o II secolo d. C., l’Odeon veniva utilizzato sia per spettacoli teatrali che per competizioni musicali e di poesia. Il pubblico trovava posto nei due settori (superiore e inferiore) delle gradinate. All’epoca degli scavi, sotto la gradinata inferiore vennero alla luce gallerie disseminate di statue e diversi locali adibiti a laboratori e negozi. Insomma, per quanto piccolo (max. 750 spettatori), l’Odeon di Kos era assolutamente all’avanguardia per gli standard dell’epoca, a ulteriore conferma dell’agiatezza dei coloni romani di stanza sull’isola. La maggior parte delle sculture rinvenute tra cui, quella più famosa di Ippocrate (natio di Kos), si trovano presso il  Museo Archeologico dell’isola, e perciò è consigliabile abbinare la visita dei due siti.

Castello dei Cavalieri

Castello dei Cavalieri

La fortezza a est del porto turistico di Mandraki è una delle principali attrazioni di Kos. La sua edificazione è antecedente ai Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni anche se, indubbiamente, furono questi ultimi a fortificare l’edificio. Proprio come a Rodi, si trattava di proteggere i cristiani in rotta verso Gerusalemme garantendo loro un ricovero adeguato in caso di sosta. La costruzione del Castello avvenne in diversi momenti: sul finire del XV secolo, dopo un violento attacco da parte dei turchi, fu infatti necessario estendere la cinta muraria, scavando anche un fossato tra il castello e la città. Precauzioni che tuttavia, qualche decennio dopo, non impedirono ai turchi di occupare ugualmente l’isola, dando il là a una secolare dominazione terminata nel 1912 con la successiva entrata in scena italiana. Dopo circa 400 anni di incuria, furono proprio gli italiani a ristrutturare il castello di Kos, provvedendo, in qualche caso, anche a cambiare lo stato dei luoghi. Per esempio, il fossato venne riempito e decorato con numerosi palmizi entrati presto a far parte del paesaggio circostante. Il giro del Castello dei Cavalieri porta via un’ora circa. Occhio a non dimenticare la macchina fotografica.

Casa Romana

Casa Romana

Il 23 aprile 1933 un terremoto sconvolse Kos provocando centinaia di vittime e radendo al suolo gran parte della città. La sciagurata circostanza ebbe però un risvolto positivo: rimuovendo le macerie, infatti, spuntarono numerose tracce dell’antichità fino a quel momento coperte dall’abitato moderno. Tra queste, una villa patrizia del III secolo d. C., testimonianza preziosa del lusso in cui viveva l’aristocrazia romana di stanza sull’isola. I lavori di scavo furono condotti dagli italiani che al tempo governavano Kos. Il rinvenimento di una Casa Romana rappresentò una formidabile occasione per il fascismo: ricostruendo l’edificio, infatti, il regime di Mussolini non esitò ad attualizzare i fasti dell’Impero Romano, a cui del resto ci si rifaceva sin dall’inizio dell’esperienza coloniale. Da questo si capisce perché la ristrutturazione non fu solo conservativa, e anzi in alcune parti prevalse il messaggio ideologico sulla verità storica. Anche così, però, la Casa Romana coi suoi mosaici, i tre cortili interni, le colonne, la sala da pranzo e l’area dedicata alle terme rappresenta una tappa imperdibile di una vacanza a Kos.

Kos Città

Kos Città

Kos Town, capoluogo omonimo dell’isola, è il naturale punto di partenza per andare alla scoperta del territorio. Qui, alle pendici del monte Dikeos, vive più della metà della popolazione residente (ca. 19.000 abitanti). Il porto è lo snodo principale per l’economia locale sia dal punto di vista turistico che commerciale. Traghetti, aliscafi e catamarani attraccano sotto la fortezza medievale (vd. prossimo punto), costruita, come a Rodi, dai Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni. Barche a vela e yacht, invece, attraccano in corrispondenza del porto turistico di Mandraki, alle cui spalle si estende il centro storico con le piazzette, i resti dell’antica Agorà, il Museo Archeologico e naturalmente bar, ristoranti, boutiques e negozi di souvenir. Da vedere Platáni, il quartiere dove vive la minoranza greca musulmana (vd. punto 5), e Lambì, il quartiere turisticamente più avanzato del comune (vd. punto 10). Kos Town – anche qui in analogia con quanto avvenuto a Rodi – architettonicamente deve molto al trentennio italiano (dal 1912 al 1943). Sono stati gli italiani, infatti, a valorizzare sia l’architettura medievale che a condurre molti degli scavi archeologici che hanno portato alla luce le vestigia greco-romane.

Occhio al cambio Euro (EUR) Dinaro Serbo (RSD)

Occhio al cambio Euro (EUR) Dinaro Serbo (RSD)

In città non ci sono problemi. I cambia valute sono molti e la concorrenza è il miglior antidoto contro pratiche sleali. Il discorso cambia nei dintorni di Belgrado dove la probabilità di incappare in qualche furbo è relativamente maggiore. Quanto alle banche, pur offrendo il servizio, praticano tassi di cambio più alti.

Evitare cortei e manifestazioni

Evitare cortei e manifestazioni

Belgrado è una città sicura. Anche di sera la situazione è tutto sommato tranquilla. Le tensioni sociali trovano naturale sfogo nelle curve delle due squadre cittadine, Partizan e Stella Rossa. Dunque è negli stadi che bisogna prestare un po’ d’attenzione, oppure – situazione più frequente per un turista – durante le manifestazioni politiche in Piazza della Repubblica. Nel caso doveste ritrovarvi in un evento di questo tipo, meglio mantenere la debita distanza di sicurezza. In ogni caso, prima di partire è sempre opportuno consultare il sito “Viaggiare sicuri” del Ministero Affari Esteri, nonché registrarsi nel sito “Dove siamo nel mondo” sempre all’interno dell’Unità di Crisi della Farnesina.

Novi Beograd

Novi Beograd

Da quanto finora scritto emerge chiaramente che la caratteristica principale di Belgrado è l’enorme stratificazione architettonica. L’influenza ottomana, quella asburgica, i numerosi edifici in stile rinascimentale e liberty sono tutti segni contemporaneamente presenti nel tessuto urbano cittadino: alcune tracce sono ancora in buono stato; altre, invece, mostrano segni avanzati di decadenza, senza per questo perderne in fascino. Per questo motivo, non può mancare all’appello la visita di Novi Beograd, il quartiere della città su cui, durante il regime di Tito, si è continuativamente esercitata l’architettura socialista. Per quanto la Jugoslavia fosse un paese “non allineato”, da un punto di vista architettonico non ci sono grandi differenze rispetto a quanto può capitare di vedere in altre parti dell’Est Europa. Anche a Novi Beograd sono palazzoni a blocchi e reticolati squadrati a disegnare in prevalenza il paesaggio. Da vedere, e non potrebbe essere altrimenti considerata l’imponenza, sono la Torre Ušće e il Palazzo Federale. La prima è il grattacielo più alto di Belgrado e ospitava la sede del Comitato Centrale del Partito Comunista di Jugoslavia. Fortemente danneggiata dai raid aerei della Nato del 1999, oggi questa torre ospita, tra gli altri, gli uffici di una banca. Il Palazzo Federale, invece, era la sede del Consiglio Esecutivo del regime di Tito. Un esempio tipico di architettura monumentale socialista oggi riconvertito in sede ministeriale della repubblica serba.

Zemun

Zemun

Sono sostanzialmente due i motivi per cui val la pena visitare Zemun, la più grande delle 17 municipalità di Belgrado. La prima ragione è storica: Zemun, infatti, era terra asburgica. Ancora oggi, nonostante i tanti cambiamenti nel frattempo incorsi, è possibile cogliere le differenze architettoniche rispetto al resto della città in cui l’influenza ottomana, invece, reca ancora molte tracce. Non a caso, sulla collina di Gardoš, gli ungheresi edificarono una torre per celebrare l’esistenza millenaria dell’impero. Quella di Gardoš fu una delle 5 torri costruite per la ricorrenza: altre 3 furono realizzate in altrettanti punti periferici e solo una, invece, a Budapest. Oggi la Torre del Millennio (o Torre di Gardoš) è, insieme alla chiesa ortodossa di San Nicola, una delle attrazioni turistiche più apprezzate di Belgrado. Il secondo motivo per cui val la pena fare un salto da queste parti è la vita notturna. Vita notturna che ruota attorno gli splavovi, imbarcazioni su cui sono stati realizzati bar, ristoranti e locali di vario genere. I barconi sul lungofiume di Zemun sono in assoluto i più apprezzati dai giovani di Belgrado.

Ada Ciganlija

Ada Ciganlija

Una parte importante della qualità della vita di Belgrado passa per Ada Ciganlija, isola del fiume Sava a soli 4 chilometri dal centro cittadino. Un tempo zona paludosa e inaccessibile, Ada Ciganlija è stata trasformata in un’area di elevato pregio ambientale con innumerevoli opportunità di sport e tempo libero. Campi da golf, pallavolo, pallacanestro, calcio, pallamano, rugby, hockey, senza dimenticare le piste ciclabili (diverse le attività di noleggio), i bar, i ristoranti e la spiaggia. Considerando le due sponde dell’isola, l’arenile si estende per ben 8 chilometri con la possibilità di fittare ombrellone, lettino e sdraio presso uno dei lidi in concessione. Insomma, una zona polifunzionale (c’è spazio anche per i naturisti) che nei weekend estivi raggiunge cifre mostruose di visitatori, stabilmente sopra le 100.000 presenze giornaliere. Da vedere!