Alberobello

Alberobello

In apertura abbiamo accennato al fatto che una vacanza in “Terra di Bari” non è solo un soggiorno balneare. Alberobello è la prova provata di quanto detto. Patrimonio dell’Umanità Unesco dal 1996, questo territorio dista una ventina di chilometri da Monopoli e circa 50 dal capoluogo Bari. La sua particolarità sono i trulli, abitazioni risalenti al XVI secolo, dalla singolare forma conica e, quel che è più importante, costruite senza l’ausilio di malta. Insomma, edifici a secco realizzati sfruttando la grandissima disponibilità di pietra calcarea in zona. Alla base di questa tecnica edilizia sui generis pare però ci fosse una precisa motivazione economica: la volontà, da parte dei feudatari del territorio, di sottrarsi in questo modo ai tributi dovuti al Regno di Napoli per l’insediamento di nuovi centri abitati. Un espediente fiscale che però evidentemente aguzzò l’ingegno delle maestranze locali, capaci di tirar su abitazioni tutt’altro che precarie nonostante l’assenza di malta. Diverse le cose da vedere: il Santuario dedicato ai Santi Cosma e Damiano; la Parrocchia Sant’Antonio da Padova, pure questa a forma di trullo; e Casa Pezzolla, quartiere storico di Alberobello con la più alta concentrazione di trulli comunicanti. Non a caso, questo agglomerato è stato interamente ristrutturato tra il 1993 e il 1997 e da allora ospita il Museo del Territorio con l’esposizione di attrezzi, reperti e documenti attestanti lo stile di vita della gente del luogo. Imperdibile!

Grotte di Castellana

Grotte di Castellana

Uno dei principali fattori del boom turistico dell’area metropolitana di Bari è rappresentato sicuramente dalle Grotte di Castellana (nel comune omonimo di Castellana Grotte). Sono decine di migliaia i visitatori che ogni anno accorrono da tutto il mondo per ammirare questo geosito a meno di venti chilometri da Monopoli e a una quarantina dal capoluogo di regione. Il motivo è lo spettacolo offerto dalle concrezioni di queste grotte di origine carsica che si estendono per tre chilometri di lunghezza a oltre 100 metri di profondità. Stalattiti, stalagmiti, colate, cortine, cristalli e mille altre evoluzioni calcaree caratterizzano questo paesaggio sotterraneo esplorato per la prima volta nel 1938 dallo speleologo Franco Anelli cui è intitolato anche il museo attiguo all’entrata. In realtà, quello delle Grotte di Castellana è un paesaggio in divenire: c’è la consapevolezza scientifica dell’esistenza di altri cunicoli e cavità oltre quelle già scoperte, e chissà perciò che un giorno non sia possibile andare ancora più in profondità rispetto a quanto accade oggi. Già quello che c’è, però, lascia ammaliati i turisti che spesso abbinano questa visita a quella dei trulli di Alberobello (vedi prossimo punto). Entrambe le località, infatti, fanno parte della Murgia, sub-regione ricompresa tra Puglia e Basilicata, di cui fa parte anche la stupenda città di Matera (Basilicata), capitale Europea della Cultura 2019. Per maggiori informazioni sulla storia, gli orari e le modalità di visita delle Grotte di Castellana consultare il sito ufficiale: www.grottedicastellana.it.

Cattedrale di Maria Santissima della Madia

Cattedrale di Maria Santissima della Madia

L’importanza della Basilica Concattedrale di Maria Santissima della Madia travalica l’aspetto religioso. Una campagna di scavi condotta negli anni ’80 del secolo scorso ha infatti accertato la presenza umana in questi territori molto prima della dominazione romana. Più nel dettaglio, è emerso che l’originaria basilica in stile romanico del XII secolo venne edificata sulle rovine di un antico tempio pagano dedicato al culto di Maia e Mercurio. Consacrata nel 1442, la Cattedrale nel corso dei secoli ha subito diversi ampliamenti culminati, nel ‘700, con l’abbattimento del precedente edificio romanico a vantaggio di una nuova chiesa in stile barocco. Una scelta in linea coi dettami architettonici dell’epoca ma che obbediva anche alla necessità di adeguare l’edificio all’aumentato numero di fedeli. La chiesa è suddivisa in tre navate, ciascuna con un diverso portale d’ingresso. Le navate laterali ospitano 4 cappelle per una e terminano incontrando due rampe di scale che a loro volta conducono alla Cappella della Madonna della Madia. Cappella, in cui oltre all’icona bizantineggiante della Vergine, spiccano colonne, decorazioni, marmi policromi e fregi ricercati e costosi, tant’è vero che occorse quasi un secolo (da metà ‘700 a metà ‘800) per portare a termine i lavori. Insomma, il duomo di Monopoli è una delle chiese più importanti di Puglia, e non solo. Da non perdere i festeggiamenti del 14 e 15 agosto con processioni via terra e via mare e tutto il folclore religioso tipico del Mezzogiorno d’Italia.

Monopoli città

Monopoli città

Diversamente dal Gargano e dal Salento, la parte di Puglia nota come “Terra di Bari”, e che ha nella città di Monopoli uno dei centri più importanti, si è affacciata al turismo solo in anni (relativamente) recenti. Per altro verso, questo ritardo ha contribuito a preservare più a lungo la bellezza della città e del suo vasto entroterra (agro-monopolitano). E da vedere c’è davvero moltissimo, a cominciare da tutta l’area attorno al porto cittadino, per passare poi al caratteristico centro storico in cui spicca il contrasto tra i vicoli strettissimi e l’ariosità delle piazze (piazza Garibaldi, piazza Palmieri e piazza XX settembre, le più famose). L’altro aspetto che colpisce del centro storico di Monopoli è la grande quantità di chiese. Su tutte, la Cattedrale di Maria della Santissima della Madia (vedi prossimo punto) che, insieme al Castello di Carlo V e al Palazzo Martinelli Meo-Evoli, rappresenta un trittico di edifici storici assolutamente da visitare. In ultimo, ma solo per ragioni espositive, il mare. Pur essendo la costa in gran parte rocciosa e dai fondali alti, c’è l’eccezione Capitolo, frazione di Monopoli che invece regala spiagge bianche e fondali che degradano dolcemente, e per questo più adatti alle famiglie con bimbi al seguito. Non è un caso, perciò, che il turismo si sia maggiormente sviluppato in questa zona con la nascita di hotel, pensioni, bed & breakfast e tutto il resto dell’indotto normalmente associato a una località balneare.

Non dare da mangiare ai pesci

Non dare da mangiare ai pesci

Un paradiso naturalistico come quello delle Maldive va assolutamente tutelato. Alcune prescrizioni sono facilmente intuibili, tipo non lasciare rifiuti sulle spiagge o, peggio ancora, in mare. Altri, invece, meritano di essere spiegate poiché, all’apparenza, può sembrare di non star facendo niente di male. Come, ad esempio, dar da mangiare ai pesci. Il motivo è semplice: gettare cibo in acqua, o anche immergersi con un pezzo di pane (o altro alimento) quasi sempre scatena tra i pesci una frenesia alimentare impossibile poi da gestire. Senza tralasciare il fatto che in questo modo potrebbe capitare di imbattersi in specie potenzialmente pericolose. Per esempio, all’interno delle barriere coralline nuotano piccoli esemplari di squalo che, pur essendo assolutamente innocui, non vanno in alcun modo sollecitati. In generale, comunque, è meglio non toccare niente, anche spugne, coralli, stelle di mare se non dopo un consulto con qualcuno del luogo (guide e istruttori se si sta praticando diving o snorkeling). Avvisati!

Non vestire in abiti succinti

Non vestire in abiti succinti

I maldiviani sono tutti musulmani. La dialettica tra laicità e religione su queste isole è diversa da quella cui siamo abituati nei paesi occidentali. Scollature anche appena accennate, e più in generale abiti troppo casual, possono generare incomprensione con la gente del posto. Perfino indossare simboli di altre fedi religiose, come ad esempio un comune crocifisso al collo, può dar luogo a richieste di chiarimento. Nei resort, va detto, c’è molta più tolleranza, anche rispetto al consumo di alcolici ma, chi desidera approfondire usi e costumi locali curiosando in giro, farà bene a tener conto delle cose appena dette. Per il resto, niente paura. I maldiviani sono allegri e assolutamente ben disposti coi turisti.

Le cose da non dimenticare di mettere in valigia

Le cose da non dimenticare di mettere in valigia

Oltre al passaporto, ai documenti di viaggio, alla/e carta/e di credito e all’abbigliamento adatto, la lista delle cose da non dimenticare per un viaggio alle Maldive è assai lunga: occhiali da sole, protezioni solari, macchina fotografica, caricabatterie, adattatore di corrente, farmaci ecc. In altri termini, bisogna fare mente locale di tutto quello che può servire per evitare di doverlo comprare in loco spendendo molto di più. Il consiglio è rivolto soprattutto ai turisti in viaggio di nozze e ai viaggiatori indipendenti, questi ultimi in grande aumento negli ultimi anni. Anche gli appassionati di immersioni devono prestare molta attenzione a tutto quello che può servire per soddisfare al meglio la propria passione. Nonostante i resort dispongano di tutto l’occorrente per il diving e lo snorkeling, i sub più esperti in genere hanno le proprie preferenze in fatto di modelli e materiali da utilizzare. Perciò, anche qui, occorre un minimo di attenzione nella cernita delle cose da portare, ovviamente senza esagerare.

Raa

Raa

Angolo incontaminato delle Maldive, l’atollo di Raa ha conosciuto uno sviluppo turistico decisamente inferiore rispetto al resto dell’arcipelago. Solo un paio i resort presenti, motivo per cui la maggior parte della popolazione vive tutt’ora coi proventi della pesca. La flotta di pescherecci più grande si trova nel capoluogo Ugofaaru, mentre ad Alifushi, isola esterna all’atollo, i residenti sono specializzati nella costruzione dei dhoni, l’imbarcazione tipica delle Maldive costruita col legno delle palme da cocco. E sono proprio le palme da cocco, insieme alle spiagge bianchissime e al mare cristallino a disegnare lo scenario dell’atollo di Raa, diviso da Baa dal Moresby Chanel (Hani Kantu), canale d’acqua intitolato all’ufficiale della Royal Navy britannica Robert Moresby, autore della prima rilevazione topografica delle Maldive negli anni ’30 del XIX secolo. Il Moresby Chanel regala diversi spettacolari punti di immersione: chi viene su quest’atollo, infatti, lo fa soprattutto per il meraviglioso paesaggio marittimo. Insomma, l’atollo di Raa rappresenta in pieno il cliché delle Maldive cui abbiamo fatto riferimento nell’introduzione. Da vedere!

Baa

Baa

Assieme a Dhidhdhoo Beyru nel versante meridionale dell’atollo di Ari (vedi punto 4), l’altra località delle Maldive in cui è assai probabile incontrare lo squalo balena è Hanifaru Huraa nell’atollo di Baa. Infatti è soprattutto grazie alla fama di Hanifaru Bay che, nel 2011, l’Unesco ha inserito l’atollo di Baa – settantacinque isole, tredici quelle abitate – nella speciale lista dei siti Riserva Mondiale della Biosfera. Un riconoscimento che, dal punto di vista naturalistico, mette South Maalhosmadulu (l’altro topos con cui è conosciuto l’atollo) sullo stesso piano delle Galapagos, nell’Oceano Pacifico. Ovviamente, grazie alla fama di Hanifaru e degli altri siti di immersione di Baa, il turismo ha scalzato le attività tradizionali che tuttavia continuano a scandire la quotidianità degli abitanti dell’atollo. In particolare, la produzione dei feyli, i caratteristici pareo delle Maldive, nel capoluogo Eydhafushi impegna tutt’ora un significativo numero di maestranze. Da vedere!

Noonu

Noonu

In precedenza abbiamo detto che scegliere un atollo settentrionale delle Maldive significa rinunciare alle opportunità del turismo di massa. Può voler dire, però, anche vacanze in contesti super lussuosi e inacessibili ai più dal punto di vista economico. L’atollo di Noonu ha esattemente queste caratteristiche: pochi ma esclusivi resort in cui un soggiorno può arrivare a superare i 3000 euro a notte. Tredici in tutto le isole abitate: Manadhoo, il capoluogo, non supera i 2000 abitanti, cosa che invece fanno le più popolose Holhundhoo e Velidhoo. In particolare su quest’ultima isola ogni settimana approda un traghetto notturno proveniente dal mercato del pesce di Malé. Salpare a bordo di questo mezzo senza posti a sedere e in cui la gente dorme sovente a terra, può costituire motivo di grande fascino, certamente diverso dal transfert in idrovolante messo a disposizione dai resort presenti. Non è finita, perché l’atollo di Noonu è importante anche dal punto di vista storico e ambientale. Sull’isola di Landhoo, infatti, ci sono i resti di un “hawitta”, grosso megalite che sarebbe stato costruito dai “redin” popolazione che, stando ad alcuni studi, per prima avrebbe popolato le Maldive attorno il 2000.a.C. Dal punto di vista ambientale, invece, giova ricordare l’istitiuzione del Parco Nazionale Marino di Edu Faru. Parliamo di 9 isole del versante orientale dell’atollo (arcipelago di Edu Faru) che, su decisione del governo, dovranno rimanere incontaminate a tutela della straordinaria biodiversità marina e terrestre che caratterizza questi luoghi.

Lhaviyani

Lhaviyani

Finora abbiamo insistito più volte sull’importanza di approfondire usi e costumi locali, in modo da avere un’immagine più autentica delle Maldive. L’atollo di Lhaviyani, da questo punto di vista, rappresenta una straordinaria opportunità: infatti, pur non mancando resort e guesthouse, solo una piccola parte della popolazione locale è impiegata nell’industria del turismo. I più, invece, vivono di pesca, artigianato e piccolo commercio. Parliamo in tutto di 54 isole di cui, però, solo 4 abitate: Naifaru, che è anche il capoluogo, Hinnavaru, Kurendhooo e Olhuvelifushi. A Naifaru, per esempio, buona parte della popolazione vive producendo collane, bracciali e altri monili in corallo e madreperla e, aspetto ancora più interessante, producendo medicamenti tradizionali, alternativi al circuito medico ufficiale e tuttavia ancora diffusi tra i maldiviani. La pesca pure, come abbiamo ricordato, gioca un ruolo fondamentale. Naifaru e Hinnavaru vantano importanti flotte di pescherecci, per non parlare dell’industria conserviera del pesce a Felivaru. Qui viene inscatolato il tonno esportato poi sui mercati asiatico, mediorentale ed europeo.

Shaviyani

Shaviyani

Un atollo talmente incontaminato che il capoluogo, Milandhoo, fino al 1997 era disabitato! Basta quest’indizio per rendersi conto una volta di più della straordinaria bellezza delle Maldive. La decisione di antropizzare l’isola si rese necessaria a seguito dell’inquinamento della rete idrica della vicina Makunudhoo, i cui abitanti erano dediti soprattutto all’agricoltura. Attività poi appunto ripresa a Milandhoo, giusto il tempo necessario a recuperare superficie coltivabile a un territorio fin lì vergine. L’atollo di Shaviyani, inoltre, è famoso per la presenza delle tartarughe che nelle 51 isole che lo compongono (16 quelle abitate) trovano le condizioni ideali alla loro riproduzione. Funadhoo, Narudhoo e Kanditheemu gli altri centri abitati degni di menzione. In particolare a Kanditheemu c’è una moschea in cui è conservato il più antico esempio di scrittura thaana, caratteristica delle Maldive e risalente alla fine del XVI secolo. L’atollo di Shaviyani è raggiungibile in idrovolante in poco più di un’ora da Malé.

Haa Dhaalu

Haa Dhaalu

Per l’atollo di Haa Dhaalu vale su per su giù quanto detto in precedenza per Haa Alifu. Chi decide di venire da queste parti sa benissimo di essere fuori dai giri del turismo di massa delle Maldive. Del resto, fino al 1958 Haa Alifu e Haa Dhaalu costituivano un unico atollo: Thiladhunmathi. Poi è subentrata la divisione amministrativa, anche se il topos utilizzato in molti casi continua a essere quello di un tempo: Haa Dhaalu, per esempio, è anche conosciuta come Thiladhunmathi South. Capoluogo è l’isola di Kuludhuduffushi, su cui vive più della metà della popolazione (ca. 10.000 abitanti) dell’intero atollo. Pur non essendoci l’aeroporto (che si trova, invece, sull’isola di Hanimaadhoo), Kulhudhuffushi è di gran lunga il centro più importante: la presenza dell’ospedale e della scuola di istruzione secondaria ha parzialmente affrancato il territorio dalle attività tradizionali legate alla pesca che, però, continua a scandire la quotidianità di questa parte di Maldive. Insomma, venire qui significa rinunciare ai resort più esclusivi in cambio, però, di paesaggi insulari unici al mondo (nella foto la spiaggia di Hanimaadhoo) e di tanta, tanta, tranquillità.

Haa Alifu

Haa Alifu

Se scegliete Haal Alifu, Haa Dhaalu (vedi prossimo punto) o qualunque altro degli atolli situati a nord dell’arcipelago delle Maldive, dovete essere sicuri della decisione. Le distanze dalla capitale Malé e dall’aeroporto internazionale di Hulhule sono molto elevate: non meno di 2 ore di viaggio (4 compreso il ritorno) cui bisogna aggiungere il tempo impiegato ad arrivare alle Maldive e quello di attesa tra una coincidenza e l’altra. Fatta questa premessa, l’atollo di Haal Alifu è decisamente il posto giusto per chi desidera abbinare relax assoluto e conoscenza di usi e costumi locali. Sul primo aspetto (il relax), la garanzia è proprio la distanza dai più affollati atolli meridionali cui abbiamo accennato poc’anzi; per quel che riguarda l’approfondimento della storia locale, invece, è d’obbligo una visita a Utheemu, isola natale di Mohammed Thakurufaanu artefice, nel XVI secolo, della guerra di liberazione dal Portogallo. Sull’isola c’è un monumento (con annessa biblioteca e museo) che celebra le gesta dell’uomo venerato come eroe nazionale da tutti gli abitanti delle Maldive. Occhio però che Utheemu non è il capoluogo (nella foto, la spiaggia dell’isola). Al contrario, l’isola principale dell’atollo è Dhidhdhoo, mentre Hoarafushi, Kelaa e Uligamu sono le altre isole di Haa Alifu che vale la pena visitare.

Ari

Ari

Segnatevi questi nomi: Rashdoo Maldivarum e Dhidhdhoo Beyru. Sono due tra i punti di immersione più famosi al mondo, frequentati tutto l’anno da migliaia di subacquei. Si trovano entrambe nell’atollo di Ari, 81 isole (di cui solo 18 abitate), a una sessantina di chilometri da Malé, la capitale delle Maldive. Il primo punto di immersione è più noto come “Hammerhead Point”, sito di avvistamento degli squali martello e si trova nei pressi di Rashdoo, centro maggiore di Alif Alif, parte settentrionale dell’atollo di Ari (North Ari). Dhidhdhoo Beyru, invece, si trova all’estremità sud-occidentale dell’atollo (Ali Dhal o South Ali) e deve la sua fama al passaggio di uno degli anmali più misteriosi e affascinanti della terra: lo squalo balena (vedi foto). A dispetto della stazza (può superare i 12 metri di lunghezza), lo squalo balena è innocuo e si ciba di plancton. Non se ne conoscono ancora fino in fondo abitudini e stili di vita, motivo per il quale è oggetto di diversi studi scientifici, alcuni condotti proprio in questa parte di Maldive. Ovviamente quelli su citati non sono gli unici punti di immersione di Ari. Vale la pena segnalarne altri due: Madivaru, sito in cui è facile incontrare le mante e Halaveli Wreck, sito di immersione creato nel 1991 con l’affondamento deliberato di una nave mercantile di oltre 30 metri. Per il resto, vale per Ari quanto già detto in precedenza per le altre destinazioni: spiagge bellissime, mare cristallino, resort di lusso e soluzioni (relativamente) più abbordabili per viaggiatori indipendenti. L’atollo, inoltre, dispone di un piccolo aeroporto sull’isola di Maamgili. Da qui partono e atterrano ogni giorno decine di idrovolanti che fanno la spola con l’aeroporto internazionale di Malé. Suggestivo!