Occhio all’outfit

Occhio all'outfit

A Orvieto le salite non mancano, e già questo basta a consigliare scarpe comode, meglio se adatte al trekking urbano. Tra l’altro è una città piccola, dove la vita notturna non richiede certo abiti ricercati: meglio quindi puntare su un abbigliamento casual, pratico e adatto al terreno. Altro dettaglio, il clima, spesso ventoso soprattutto d’inverno, invita a preferire capi tecnici e leggeri, capaci di adattarsi ai cambi di temperatura.

Limitarsi al Duomo

Limitarsi al Duomo

Alla luce di quanto detto finora dovrebbe essere chiaro, ma vale la pena ribadirlo, anche perché diversamente peccheremmo di presunzione nel sottovalutare il peso dei simboli, soprattutto in una città come Orvieto. Certo, il Duomo da solo giustifica il viaggio, ma chi si ferma qui si perde molto. Orvieto merita di essere vissuta per intero, scoprendo poco a poco tutto ciò che le ruota intorno, nel corso di un weekend o di un ponte.

I dintorni di Orvieto

I dintorni di Orvieto

Dopo aver raccontato le principali attrazioni della città, è il momento di allargare lo sguardo ai dintorni, dove arte, storia e natura continuano a dialogare tra loro. Senza la pretesa di essere esaustivi, ecco alcuni luoghi che meritano una deviazione. Appena fuori dal centro, la Chiesa di San Lorenzo in Vineis si riconosce per la sua eleganza ottocentesca. Progettata da Virginio Vespignani, sorge su un antico convento delle Clarisse poi trasformato da Ippolito Scalza. Il suo impianto ottagonale e la lanterna la rendono un piccolo gioiello di architettura rinascimentale. Poco distante si trovano Villa Ciconia, raffinata dimora cinquecentesca dello stesso Scalza, e l’ex Convento della Trinità, costruito nel XVI secolo su un antico monastero cistercense, oggi ancora leggibile nella chiesa e nella loggia. Di epoca più antica è la Salita del Tamburino, un tracciato probabilmente etrusco che collegava Orvieto al lago di Bolsena (vd. foto), passando per il mitico Fanum Voltumnae, cuore spirituale della Lega etrusca. Tra i borghi che circondano la rupe, Prodo colpisce per il suo castello in pietra rosa affacciato sulla valle, mentre a Canonica la Chiesa della Natività di Maria custodisce affreschi trecenteschi di rara intensità, tra cui una Madonna annunciata e una Crocifissione. Chi ama la natura può salire sul Monte Peglia, la “montagna orvietana“. Frequentato fin dalla preistoria e punteggiato di castelli medievali, offre oggi sentieri panoramici tra boschi, pascoli e piccoli borghi che conservano intatta la quiete di un tempo. Da vedere!

Anello della Rupe di Orvieto

Anello della Rupe di Orvieto

Orvieto è una città che va scoperta a piedi, lentamente, per coglierne le stratificazioni storiche e il paesaggio naturale che la circonda. Alcuni dei luoghi toccati dall’Anello della Rupe sono già stati citati in precedenza, ma percorrerli in continuità, lungo questo itinerario circolare, offre una visione d’insieme che aggiunge nuove chiavi di lettura rispetto alla visita dei singoli siti. Tracciato nell’Ottocento e oggi parte del Parco Archeologico Ambientale dell’Orvietano, il sentiero abbraccia la città per circa cinque chilometri. È un percorso ben segnalato e di difficoltà medio-bassa, che alterna tratti pianeggianti a brevi salite e discese. Da Piazza Cahen si scende lungo la Fortezza Albornoz, si attraversa Porta Rocca e si incontra la Fontana di San Zeno, collegata da un cunicolo non accessibile al Pozzo di San Patrizio. Proseguendo, affiorano le tombe etrusche del Crocifisso del Tufo, il tufo assume tonalità ocra e la vista si apre sulla valle del Paglia. Il percorso passa accanto alla chiesetta rupestre del Crocifisso del Tufo, alle antiche colombaie scavate nella roccia, alla chiesa della Madonna del Velo e all’Osservatorio della Rupe. Da Porta Maggiore si raggiunge la Badia dei Santi Severo e Martirio, con la torre merlata che domina la vallata. Il cammino consente di leggere la città nella sua interezza, tra testimonianze etrusche, architetture medievali e natura. In primavera e in autunno la luce e i colori rendono la passeggiata particolarmente suggestiva: un itinerario che restituisce l’immagine più autentica di Orvieto, in equilibrio tra la pietra e il cielo.

Necropoli etrusca di Crocifisso del Tufo

Necropoli etrusca di Crocifisso del Tufo

La visita alle antiche necropoli di Orvieto completa in modo naturale il percorso nei musei cittadini. Molti dei reperti conservati nel Museo Archeologico Nazionale e nel Museo Claudio Faina provengono infatti da queste aree sepolcrali, in particolare dalla Necropoli del Crocifisso del Tufo e da quella di Cannicella. Situata a nord della rupe, la Necropoli del Crocifisso del Tufo, scoperta nell’Ottocento, offre una testimonianza preziosa della società etrusca tra l’VIII e il III secolo a.C. Il suo impianto regolare, con strade ortogonali e tombe allineate in isolati, le è valso il nome di “città dei morti“. Le tombea dado“, con camere rettangolari e iscrizioni in lingua etrusca, riflettono una comunità ben organizzata e socialmente articolata, in parte cosmopolita. I corredi funerari, spesso di importazione greco-orientale, raccontano invece la prosperità raggiunta da molti cittadini.

Nota Bene: da settembre 2025, la necropoli sarà parzialmente chiusa per lavori di riqualificazione e miglioramento dell’accessibilità. Resterà comunque visitabile l’Antiquarium, con una selezione di reperti dagli scavi, e saranno disponibili, su prenotazione (+39 0763 343611) esperienze di realtà aumentata e attività di manipolazione di materiali originali.

Museo Archeologico Nazionale di Orvieto

Museo Archeologico Nazionale di Orvieto

Al piano terra del palazzo medievale di Martino IV, dietro il Duomo, trova spazio dal 1982 il Museo Archeologico Nazionale di Orvieto. Insieme al museo Faina, che si affaccia sulla stessa piazza, rappresenta il punto di riferimento per chi vuole capire la presenza etrusca in città. La raccolta è in continuo aggiornamento, perché legata agli scavi della Soprintendenza. Accanto ai materiali ottocenteschi confluiti qui dal Museo dell’Opera del Duomo, si trovano i corredi delle necropoli del Crocifisso del Tufo e di Cannicella, oltre a quelle del territorio. Tra i reperti più noti spicca la panoplia della Tomba del Guerriero, un insieme di armi che comprende corazza, elmo, schinieri e scudo. Da Cannicella provengono invece terrecotte decorative e oggetti legati al culto di una divinità femminile, ricordata come la Venere di Cannicella. L’elemento più significativo resta però la ricostruzione delle Tombe Golini, con le pitture staccate a fine Ottocento per motivi conservativi. Le scene di banchetto funebre, con musici, servi e figure identificate da iscrizioni, offrono uno spaccato raro e concreto del mondo etrusco.

Torre del Moro di Orvieto

Torre del Moro di Orvieto

L’Orologio degli orvietani. Così viene da sempre chiamata la Torre del Moro, che svetta nel cuore di Orvieto, all’incrocio tra i quattro quartieri cittadini e le vie principali come Corso Cavour e Via del Duomo. Più che un punto di riferimento geografico, è un simbolo della città: sulla sua sommità si trova la campana che batte le ore, fusa agli inizi del Trecento e decorata con i segni delle antiche corporazioni. In origine conosciuta come Torre del Papa, assunse il nome attuale per motivi non del tutto chiari: forse da Raffaele di Sante, detto “il Moro“, che abitava nei pressi, o dalla giostra del Saracino, quando sulla torre veniva issato il fantoccio del Moro. Oggi è aperta al pubblico e raggiungere la sua cima, a cinquanta metri d’altezza, è un’esperienza da non perdere. Un ascensore copre il primo tratto, il resto si percorre a piedi fino al terrazzino panoramico, da cui lo sguardo abbraccia la città e le colline umbre in un colpo d’occhio a trecentosessanta gradi. La posizione centrale ne fa un punto di partenza ideale per esplorare il centro storico: accanto si trova il Palazzo dei Sette, un tempo sede delle corporazioni artigiane, oggi spazio espositivo, mentre a pochi passi si apre la scenografica Piazza del Popolo con il suo palazzo medievale. Non lontano, la chiesa di Sant’Andrea con i sotterranei e, proseguendo lungo la via principale, si raggiunge il Duomo di Orvieto a cui abbiamo già dedicato un approfondimento in questo articolo. Da vedere.

Orvieto sotterranea

Orvieto sotterranea

Al di là della fama dei suoi pozzi più noti, come quello di San Patrizio o della Cava di cui abbiamo appena scritto, Orvieto custodisce un’altra dimensione: una vera e propria città sotto la città, fatta di oltre 1.200 tra grotte, cunicoli, pozzi e cisterne. Un labirinto scavato per quasi tremila anni, reso possibile dalla natura stessa della rupe, composta da rocce tenere come tufi e pozzolane, facilmente lavorabili. Tutto ebbe inizio con la ricerca dell’acqua. Il pianoro su cui sorgeva l’antica Velzna, la città etrusca poi divenuta Orvieto, era privo di sorgenti. Per resistere agli assedi gli Etruschi scavarono profondi pozzi a sezione rettangolare, dotati di pedarole per la discesa, e un sistema di cisterne e cunicoli per raccogliere l’acqua piovana. Un ingegnoso apparato idrico che permise alla città di resistere a lungo, come nel celebre assedio romano del 264 a.C. Nei secoli, il sottosuolo fu modellato anche per altri scopi: cave di pozzolana per l’edilizia, ambienti artigianali come un frantoio medievale completo di macine e pressa, mulini come quello di Santa Chiara. Sorprendono i colombari, stanze interamente ricoperte di nicchie per l’allevamento dei piccioni, ancora oggi presenti nella cucina locale, e i cosiddetti pozzi-butto medievali, che hanno restituito frammenti di ceramiche raffinate. Questo patrimonio riemerse solo a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, quando un gruppo di speleologi locali, incuriositi da una frana e da leggende che parlavano di una città “vuota sotto”, iniziò le esplorazioni. Da allora, grazie a percorsi come Orvieto Underground, è possibile scoprire un mondo dimenticato che racconta le radici profonde della città. Da fare.

Pozzo della Cava di Orvieto

Pozzo della Cava di Orvieto

Dopo il Pozzo di San Patrizio è d’obbligo una sosta al Pozzo della Cava, un’altra testimonianza di ingegno e necessità. Coi suoi 36 metri di profondità, conserva una storia lunga e stratificata: scavato già in età etrusca, fu ampliato nel Cinquecento sempre su ordine di papa Clemente VII, lo stesso che – come scritto in precedenza – commissionò il pozzo di San Patrizio ad Antonio da Sangallo. Chiuse nel Seicento, rimanendo dimenticato fino alla riscoperta negli anni Ottanta del ‘900. Il percorso che si sviluppa attorno al pozzo è un vero viaggio nel sottosuolo: fornaci per la ceramica rinascimentale, cisterne etrusche, butti medievali colmi di reperti, cantine scavate nella roccia. Ambienti che raccontano la vita quotidiana della città nei secoli, tra esigenze pratiche e tracce di artigianato raffinato. All’uscita, la passeggiata può proseguire lungo le vie del quartiere medievale fino a raggiungere la chiesa di San Giovenale o l’area di Porta Maggiore, punti che conservano ancora oggi il fascino dell’Orvieto più antica. Da non perdere!

Pozzo di San Patrizio di Orvieto

Pozzo di San Patrizio di Orvieto

Quod natura munimento inviderat industria adiecit“. Tradotto: «Tutto quello che la natura aveva negato, lo ha portato l’ingegno dell’uomo». È la frase che accoglie chi scende nel Pozzo di San Patrizio a Orvieto, un’opera nata in pieno Cinquecento, quando le guerre e i saccheggi rendevano incerta la vita delle città. L’acqua, bene vitale e strategico, qui scarseggiava: la rupe su cui sorge Orvieto non garantiva approvvigionamenti sicuri in caso d’assedio. Fu così che papa Clemente VII, rifugiatosi in città dopo il Sacco di Roma del 1527, affidò ad Antonio da Sangallo il Giovane il compito di risolvere il problema. E la risposta fu visionaria: un pozzo profondo 62 metri, con 248 scalini distribuiti in due rampe elicoidali indipendenti. Una per chi scendeva a prendere l’acqua, l’altra per chi risaliva, senza mai intralciarsi. Un capolavoro di ingegneria che ancora oggi incarna l’idea del Rinascimento: trasformare un limite in possibilità, coniugando necessità e bellezza. La visita può proseguire con il vicino Tempio del Belvedere, antica testimonianza etrusca, e con la Fortezza Albornoz, da cui lo sguardo abbraccia l’intera valle del Paglia e le colline umbre. Un punto panoramico che rende evidente quanto Orvieto fosse pensata come città di controllo e difesa, ma che oggi regala al viaggiatore uno dei colpi d’occhio più suggestivi. Da vedere!

Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto

Museo dell'Opera del Duomo di Orvieto

Il Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto (MODO) rappresenta una tappa fondamentale per chi visita la città umbra. Non si tratta di un singolo museo, ma di un affascinante itinerario museale articolato in sei sedi espositive che raccontano, attraverso capolavori d’arte e testimonianze storiche, il profondo legame tra la città e la sua cattedrale. Il percorso inizia nella centrale piazza del Duomo, tocca i Palazzi Papali, il Palazzo Soliano e si estende fino al quartiere di San Giovenale e alla chiesa di Sant’Agostino. Tra le opere esposte spiccano sculture, dipinti, arredi sacri e oggetti d’oreficeria, molti dei quali appartenenti al corredo originario del Duomo. Da non perdere la Galleria degli Affreschi, la Libreria Albèri con il celebre Reliquiario del Corporale, il Museo Emilio Greco con le sue sculture in bronzo, e gli affascinanti sotterranei che raccontano la storia del grande cantiere della cattedrale. Il biglietto include l’ingresso al Duomo e a tutte le sedi del MODO; per un’esperienza più ampia e conveniente, è disponibile la Orvieto Carta Unica, che consente l’accesso a numerosi musei e monumenti della città. Per maggiori informazioni: Opera del Duomo.

Il Duomo di Orvieto

Il Duomo di Orvieto

Il Duomo di Orvieto è uno dei capolavori assoluti dell’arte gotica italiana. Più che un monumento, è un simbolo che racconta secoli di fede, bellezza e maestria. La sua facciata, imponente e luminosa, sembra quasi dipinta d’oro, con mosaici scintillanti, bassorilievi e sculture che narrano storie del Vecchio e del Nuovo Testamento. Il grande rosone centrale, firmato da Andrea di Cione detto l’Orcagna, domina la composizione con la sua eleganza e complessità simbolica. Accanto al Duomo si erge il campanile, e di fronte si apre una piazza di grande fascino, incorniciata dai cosiddetti Palazzi Papali. Un tempo residenza dei pontefici, oggi questi edifici ospitano importanti collezioni museali, tra cui il Museo dell’Opera del Duomo (vd. punto 2) e il Museo Archeologico Nazionale (vd. punto 7). L’intero spazio forma un autentico teatro a cielo aperto, dove il presente dialoga con la storia. La costruzione del Duomo iniziò nel 1290, in seguito a un evento miracoloso avvenuto nella vicina Bolsena: durante una messa, un’ostia avrebbe sanguinato, dando conferma della presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. Il lino macchiato di sangue – il cosiddetto “Sacro Corporale” – venne portato a Orvieto, e il Duomo fu edificato per custodirlo. Una volta varcata la soglia, si resta colpiti dall’ampiezza e dall’armonia degli spazi. Le navate, scandite da colonne in marmo bianco e grigio, si sviluppano orizzontalmente in un equilibrio sobrio e maestoso. Tra gli elementi più significativi si trovano il fonte battesimale in marmo rosso, l’acquasantiera di Antonio Federighi e le statue dei santi patroni della città. Due cappelle, in particolare, rendono l’esperienza della visita davvero unica. La Cappella del Corporale conserva la celebre reliquia del miracolo di Bolsena. La Cappella di San Brizio (vd. foto), affrescata inizialmente da Beato Angelico e completata da Luca Signorelli, è un vero scrigno di potenza visiva: le scene del Giudizio Universale colpiscono per la forza espressiva e la ricchezza compositiva. Visitare il Duomo di Orvieto significa attraversare secoli di storia e arte, in un luogo che non smette mai di meravigliare.

Sottovalutare traffico e parcheggi

Sottovalutare traffico e parcheggi

Uno dei problemi più rilevanti dell’isola d’Ischia è il traffico, soprattutto durante il periodo estivo. Tuttavia, è importante contestualizzare il fenomeno: il traffico c’è, inutile negarlo, ma la dimensione del territorio aiuta a diluirne parzialmente gli effetti. Ischia, infatti, non è un’isoletta minuscola, e l’utilizzo dell’auto diventa spesso una scelta quasi obbligata, in particolare per chi soggiorna in strutture ricettive o abitazioni private situate in zone più isolate. Anche parcheggiare può risultare difficile, tra zone a traffico limitato e la presenza di numerose strisce blu (parcheggi a pagamento). A complicare la situazione, l’affollamento sui mezzi pubblici nelle ore di punta, che può rendere gli spostamenti meno agevoli. Per evitare ritardi e contrattempi fastidiosi, il consiglio è di pianificare con attenzione il soggiorno, tenendo conto, nel caso decidiate di spostarvi a piedi, degli orari dei bus per organizzare al meglio gli spostamenti.

Occhio a cosa mettere in valigia

Occhio a cosa mettere in valigia

Forio non è soltanto una località balneare. Come abbiamo visto, il territorio offre diversi itinerari escursionistici che, da sempre, attirano numerosi visitatori. In passato, quando il mercato tedesco dominava quasi interamente l’offerta turistica di Ischia, erano soprattutto turisti teutonici – spesso di una certa età – a frequentare il bosco di Zaro, la Pelara, la Falanga e altre meraviglie naturalistiche. Negli ultimi anni, però, il trekking ha conosciuto un notevole ampliamento di pubblico, complice anche la buona accessibilità dei percorsi: si tratta di escursioni adatte a tutti, o quasi.Tuttavia, per godere al meglio di queste esperienze, è essenziale equipaggiarsi adeguatamente: scarpe da trekking, un cappellino con visiera, scorte d’acqua sufficienti e crema solare sono imprescindibili per proteggersi dal sole, un consiglio valido anche per la spiaggia. Inoltre, nelle zone vicine al verde e al mare, soprattutto d’estate, può essere utile portare con sé un repellente per zanzare. Con le giuste precauzioni, queste escursioni regalano momenti di grande bellezza e relax immersi nella natura.

Vita notturna a Forio

Vita notturna a Forio

Al calar del sole, dopo gli spettacolari tramonti già menzionati, Forio si anima di una vivace vita notturna che sa accontentare tutti i gusti, pur mantenendo il suo fascino rilassato e autentico. Il centro storico si trasforma in un salotto a cielo aperto, ideale per una serata tranquilla: lungo il corso principale, bar ed enoteche invitano a sorseggiare un aperitivo o un drink serale, magari accompagnato da stuzzichini a base di prodotti locali. Chi invece cerca un’atmosfera più movimentata può dirigersi verso il lungomare, dove lounge bar e locali con musica dal vivo o DJ set regalano serate più dinamiche. La ristorazione, diversificata e di qualità, completa l’offerta serale di Forio. Non solo al centro del paese, ma anche lungo le spiagge e nelle zone interne, i ristoranti offrono un’ampia scelta per tutti i palati e le tasche, a conferma che la grande maturità raggiunta in ambito ricettivo trova ormai riscontro pure nella gastronomia. En passant e senza alcuna pretesa di esaustività segnaliamo alcuni dei ristoranti più frequentati: La Tinaia, su Corso Matteo Verde, nota per la sua cucina tradizionale e pizzeria; La Strambata, pizzeria apprezzata in Piazza Medaglie d’Oro; il giovane e vivace Tiratardi, bar-pub sul lungomare; e il rinomato Saturnino, anche questo sul lungomare. Immancabile, infine, una menzione per LIsola, iconico ristorante (anche pizzeria gourmet) sul lungomare Giovanni Mazzella, celebre per la sua cucina innovativa e pluripremiata. Da non dimenticare i grandi classici della gastronomia locale, come il coniglio all’ischitana, piatto simbolo della tradizione isolana, e la Biancolella, celebre vitigno autoctono che rappresenta l’anima dell’enologia di Ischia, presente in tutte le cantine dell’isola. Forio, insomma, sa come trasformare ogni serata in un’esperienza unica e memorabile.